Un proverbio indiano recita: “Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe. “
È vero che davanti a Dio e alla legge siamo tutti uguali, idealmente parlando, ma ognuno proviene da un posto, ha percorso una strada, possiede un bagaglio di esperienze e di conoscenze e ha una sua visione del mondo. Nell’uomo, che ci si creda o no, c’è qualcosa che trascende la biologia, la fisica e la materia. La psicologia chiama questo qualcosa coscienza, la religione anima. La coscienza è ciò che siamo come identità, come essere, ed è in cammino evolutivo e di conoscenza. Per quanto la si voglia e la si possa condizionare attraverso la cultura, la morale, l’etica, l’educazione, per quanto la si possa spaventare con punizioni, paure e minacce, la coscienza che siamo esiste e si fa sentire perché non può essere altro da ciò che è ed è destinata a divenire. Capita spesso nel mio lavoro di psicoterapeuta di incontrare persone affette da fobie, da ansie, da attacchi di panico e/o tormentate da sensi di colpa, complessi e depressione. L’affascinante viaggio della psicoterapia riconduce la coscienza a se stessa traendola fuori dalle sabbie mobili dei condizionamenti sociali e familiari e dagli schemi appresi di pensiero e di comportamento che la avevano confusa e deviata. Spesso il danno educativo e culturale è così profondo che si fatica anche mesi se non anni per far accettare l’idea che il disturbo con i suoi sintomi non sono qualcosa di sbagliato e da temere, ma una risposta psicofisiologica naturale, inconscia e sana ad uno stile di vita e ad una percezione di sé e del mondo contrari a ciò che invece siamo e siamo destinati a diventare. È notorio che temiamo soprattutto ciò che amiamo e desideriamo di più. Il sintomo e il disturbo ci dicono esattamente la verità su ciò che siamo e vogliamo e che ci impediamo di diventare e realizzare perché condizionati ad esistere secondo schemi, convenzioni, concezioni, giudizi e pregiudizi socialmente condivisi. La psicoterapia restituisce la consapevolezza di sé alle persone e insegna l’accoglienza e l’accettazione della nostra vera natura, premesse queste, per poi passare a ristrutturare il nostro stile di vita poggiandolo sulla nostra verità e non sulle convenzioni familiari e sociali. Ho conosciuto persone che si giudicavano malissimo, indegnamente direi, altre votate al sacrificio e alla rinuncia, altre dedite totalmente agli altri, altre ancora impegnate a convincersi di essere ciò che i genitori o il partner volevano che fossero! Prese per mano e incoraggiate a guardarsi allo specchio e ad ascoltarsi le ho altresì viste rinascere a nuova vita. Il sorriso è tornato a splendere nei loro occhi finalmente adulti e incuriositi dalla vita e dalle sue innumerevoli opportunità. Ho visto queste persone cambiare stile di vita e innamorarsi di se stessi per quello che sono e finalmente rispettarsi. Da persone così viene fuori il meglio che l’umanità può offrire. Talenti, competenze, capacità, iniziative, avventure, creatività e tanto altro ancora. L’infanzia è bella finché si è bambini, ma un adulto incastrato nella sua infanzia non risolta è una persona rinchiusa in galera. Quando non si può essere se stessi e non si può vivere la propria vita compare la depressione, quando non si può essere liberi di fare ciò che si vuole e si ama compare l’ansia, quando si è bloccati compare l’attacco di panico, quando non c’è armonia tra il nostro essere e la realtà veniamo aggrediti dal conflitto e dal tormento. Siamo programmati sin da piccoli ad obbedire alle regole, agli ordini e alle abitudini dei genitori, degli insegnanti, degli adulti ingenerale. Siamo addestrati a competere contro gli altri per primeggiare ed emergere, siamo condizionati a piacere agli altri e a sentirci accettati dagli altri, pena la punizione, l’esclusione, la perdita e il fallimento. Ma prima o poi arriva la resa dei conti! Dal profondo di noi stessi emerge l’urlo della coscienza che ci richiama alla responsabilità e all’ordine! Siamo nati su questa terra per conoscerci, accettarci, amarci e per crescere in sapienza, amore e grazia, per sviluppare il nostro potenziale umano e trovare la nostra felicità. Il disturbo con i suoi sintomi va capito perché è la porta di accesso al nostro profondo e non soffocato nei farmaci o nascosto con vergogna.
Concludo questa riflessione con una famosa frase di Gandhi: “ non domandatevi di cosa ha bisogno il mondo, domandatevi di cosa avete bisogno voi per essere felici, perché il mondo ha bisogno di persone felici!”