Minosse: lettera aperta dei lavoratori ai cittadini, alle istituzioni e ad Enel
Salve, oggi sono qui a scrivere questa lettera aperta per far capire chi siamo, cosa facciamo e a cosa stiamo andando in contro.
Non cerchiamo aumenti o privilegi, ma vogliamo ribadire che non accetteremo mai la perdita anche di un solo posto di lavoro tantomeno modifiche salariali penalizzanti.
Un concetto semplice e condiviso da noi lavoratori, dal Presidente DRAGHI, e persino da voi ENEL, si anche da voi…. almeno su carta, visto che sul vostro portale, in merito alla transizione energetica, parlate di ASCOLTO, CONDIVISIONE E COINVOLGIMENTO delle comunità locali.
Arrivati a questo punto possiamo fare due ipotesi.
La prima è che forse agite in questo modo in altri territori e qui, chissà per quale ragione, invece no.
La seconda è che lo dite e basta, senza onorare la parola data, in nessuna città.
Dove sono i principi di SOSTENIBILITÀ SOCIALE E AMBIENTALE?
Dove sono l’EQUITÀ e l’INCLUSIONE?
Fatta questa breve premessa di carattere generale, vorrei aprire una piccola parentesi sul rispetto che noi lavoratori della Minosse ci siamo guadagnati nel tempo, in questi dodici anni al vostro servizio, nel corso dei quali abbiamo dimostrato di essere un team veramente d’eccellenza, effettuando il servizio affidatoci con impegno e serietà. Un servizio che Vi ha consentito di guadagnare cifre astronomiche e di soddisfare il 40% della richiesta nazionale di energia elettrica, segnando record di velocità e di quantitativo “scaricato”.
Se ci fosse stata un disciplina olimpica di “scaricato” l’Italia avrebbe aggiunto un altro ORO al suo medagliere!
Arrivare a questi risultati non è stato facile, tutt’altro. Simili, significativi risultati, infatti, sono il frutto di impegno e sacrificio.
Noi siamo quelli che hanno visto arrivarsi addosso, chiusi in una cabina di due metri per due e sospesi a trenta metri di altezza, tre trombe d’aria contemporaneamente.
Noi siamo quelli che hanno scaricato il carbone ad uno stato di avanzata autocombustione, rischiando in primis la nostra incolumità.
Siamo quelli che hanno visto la morte negli occhi: un I° Ufficiale, un lavoratore come noi, estratto da una valanga di carbone cadutagli addosso quando ormai non c’era più nulla da fare.
Siamo quelli che insieme ai compagni della CPC, che effettuano la pulizia delle stive e delle coperte, il carbone se lo respirano fin da subito, molto prima che venga bruciato.
Siamo quelli che si alzano alle cinque del mattino oppure attaccano a mezzanotte mentre gli altri dormono.
Siamo quelli che possono godersi le feste con i propri cari una volta ogni cinque anni.
Siamo portuali, cuore grande e mani di pietra.
E prima di ogni cosa, siamo i figli di questa Città.
Il nostro non è un lavoro facile, pulito o sicuro, ma è il nostro lavoro e vogliamo tenercelo stretto ed è quello che faremo fin quando rimarrà l’ultimo bullone degli impianti carboniferi, a meno che non si crei un’alternativa valida e concreta, che ci dia garanzie per il futuro; in quel caso, ovviamente, ci metteremo a completa disposizione, pronti per una nuova formazione e riqualificazione con l’obbiettivo di poter ancora dare performance di altissimo livello.
Quindi credo che sia doveroso, prima di parlare e decidere del nostro futuro, riconoscere ciò che abbiamo fatto nel recentissimo passato anziché essere trattati come un vecchio “macchinario” alla fine del suo ciclo vitale. Questo no, proprio non ce lo meritiamo!
Non vogliamo creare situazioni di tensione o di disagio, ma allo stesso tempo non rimarremo inermi ad assistere alla nostra fine, film purtroppo già visto e rivisto in troppe realtà lavorative interne alla centrale.
Il nostro grido dall’allarme è dovuto anche al fatto che siamo nati e formati per volontà di Enel, proiettati esclusivamente allo scarico del carbone, senza alcuna alternativa e la particolarità dei CSU (gli scaricatori continui che manovriamo, piu comunemente chiamati “gru”) non ci aiuta, anzi ci penalizza in quanto ad oggi non c’è niente di similare o analogo sul mercato del lavoro locale e addirittura nazionale.
Fare da “zavorra” non rientra e non rientrerà mai nei nostri piani, ed è per questo che chiediamo una nuova formazione per tornare ad essere quello che siamo stati fino ad oggi, un valore aggiunto per questa società e per il porto tutto.
Con i vostri dipendenti sembra che siate riusciti a farlo, perciò Vi chiediamo di fare lo stesso con noi; non credo che debbano esistere lavoratori di serie “A” e di serie “B”.
I LAVORATORI PORTUALI DEL MOLO CARBONIFERO
Mirko Cantù, Massimiliano Esposito, Massimo Trinett,i Stefano Tidei, Alfredo Stampigioni, Alfonso Sgamma, Luca Perello, Giancarlo Mascetti, Enrico Ceraulo, Alessio DeGiovanni, Gianluca Iannetti, Manrico Luciani, Daniele Paniccia, Alessandro Gorla, Andrea DiGennaro, Andrea DalBen, Germano Gatti, Claudio Monaldi, Claudio Abrutini, Vincenzo LaManna, Marco Salatti, Fabio Tosoni, Alessio Spagnoli, Fabio Gaggioli, Daniele Gangarossa, Ezio Brogi, Germano Gregori, Vincenzo Zevola, Daniele Scocco, Alessio Pizzabiocca, Vialli DeBenedetti, Angelo Reali, Marco Mazzolini, Stefano Pomata, Nancy Razzetti, Debora Bellini, Stefano DelMistero.