Se la puzza dei cibi arriva a molestare il vicino, questo può sporgere querela.
Cuoche, massaie, casalinghe e non, che vivete in condominio: da oggi in poi non dimenticate di accendere il ventilatore
quando friggete o cucinate sughi molto elaborati. Il rischio è quello di ricevere una querela da parte del vicino di casa per molestie olfattive. Secondo infatti una recentissima sentenza della Cassazione integra il reato di «getto pericoloso di cose» il comportamento di chi emette odori da cucina che superano la normale tollerabilità. Insomma, per l’odore di fritto o di sugo si rischia il penale. Possibile?
Il codice penale punisce con l’arresto ino a 1 mese e con l’ammenda fino a 206 euro chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, oppure, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti.
La puzza di frittura, secondo la Cassazione, rientra a tutti gli effetti in tali emissioni olfattive vietate dalla legge, ma solo a condizione che riesca a «molestare le persone». Per molestare le persone, l’odore deve essere «superiore alla normale tollerabilità». Un giudizio, quest’ultimo, che spetta al giudice, sulla base dell’entità dell’odore e della sua capacità di penetrazione nell’appartamento. Se, ad esempio, anche con le finestre chiuse l’odore è in grado di raggiungere l’intero
dell’appartamento, tanto da impuzzolentire i muri interni, le tende, i vestiti, gli stessi oggetti dell’abitazione non v’è dubbio che si tratti di una molestia intollerabile, perché contro di essa non c’è tutela materiale se non il ricorso al giudice. Diverso il caso della puzza che solo nelle ore dei pasti raggiunge i piani alti, ma che, grazie alla chiusura dei vetri, può essere evitata. L’importanza della sentenza in commento sta nell’aver chiarito che, nel reato di getto pericoloso di cose, possono essere ricomprese anche le emissioni di odori da cucina che superino una certa soglia di tollerabilità. Ma, in pratica, cosa deve
fare il vicino di casa molestato dall’odore di fritto e sugo?
Le indagini dureranno sei mesi (un anno in caso di richiesta di proroga). Si tratta però di un «fatto tenue» per il quale – sempre che non ci sia recidiva – la legge consente il “perdono”: il colpevole non subisce la punizione, ma conserva la fedina penale macchiata e, in più, può essere citato per il risarcimento dei danni. Secondo la Cassazione, la contravvenzione è configurabile
anche nel caso di «molestie olfattive» generate da privati e non da attività commerciali, industriali o da locali di ristorazione. Fra l’altro, per stabilire il superamento del «limite della stretta tollerabilità» non esiste una normativa apposita; non ci sono cioè dei limiti di legge delle emissioni. Bisogna allora riferirsi al codice civile laddove consente al giudice di fondare il suo convincimento
sugli elementi probatori a sua disposizione, senza dover necessariamente ricorrere a perizia tecnica, ma anche valendosi della testimonianza dei vicini di casa.
(fonte: www.laleggepertutti.it)