Paolo ha nove anni e una disabilità intellettiva. Non che questa sia determinante nel definire Paolo, sia chiaro. Potrei dire a tal proposito che a lui piacciono i camion dei pompieri e le matite a cera, la pizza ma anche gli AC/DC (e questo in particolare lo rende decisamente figo). Ma che Paolo abbia una disabilità è un dovere dirlo, stavolta, sottolineando gli sforzi che ogni giorno compie per dare il meglio di sé. Per fare progressi, cercare di raggiungere gli altri che ai suoi occhi vanno troppo di fretta. Tutto ciò nell’assoluto silenzio dei più, e senza chiedere troppo. Questo si riflette anche nella scuola. Sono circa 70.000 gli studenti con disabilità che, come Paolo, frequentano le scuole medie. Studenti che da oggi vedranno sfumare la possibilità di “licenziarsi”, non potendo sostenere l’esame finale come tutti gli altri. Una vile decisione, un sopruso del quale in pochi hanno parlato e al quale, forse, non potremo ribellarci. Le Commissioni parlamentari stanno vagliando il nuovo decreto sulla valutazione che prevede delle “prove equipollenti” per alunni con disabilità: differenziate solo in senso metodologico (ad esempio scritte in braille per studenti ciechi) ma non didattico. Agli studenti che invece continueranno ad aver bisogno di prove facilitate, non verrà rilasciato il diploma ma un attestato per frequentare le scuole superiori ma senza potersi diplomare a fine percorso.
Insomma, niente riconoscimenti ufficiali (seppur con obiettivi minimi) per disabili intellettivi, o autistici, o con sindrome di Down… Tutti ragazzi che spesso hanno capacità ben oltre l’immaginabile, alla faccia di uno stupido certificato. Persone che fino a ieri avrebbero potuto trovare un lavoro con una licenza media, sentendosi realizzati e contribuendo alla società, mentre adesso avranno in mano uno stupido attestato formativo dal valore simbolico. Un contentino che di certo non permetterà loro di integrarsi facilmente nel mondo. Due giorni fa, un nuovo comunicato del MIUR ha cercato di sbollire il clima. “Tutte le studentesse e gli studenti con disabilità saranno messi nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio percorso di studi e di concluderlo sostenendo prove che attestino le loro specifiche competenze e abilità, in base al Piano educativo individualizzato, predisposto di proposito per loro”. La Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, ricordando che la stessa legge 104 del 1992 stabilisce che gli studenti della scuola dell’obbligo debbano essere verificati con un Piano educativo individualizzato, ha assicurato di voler costruire una scuola di opportunità con al centro le peculiarità e i sogni dei ragazzi, accompagnandoli. Sebbene in parte le famiglie e le associazioni siano più tranquille con questo “passo indietro” verso un’apertura alla discussione e revisione, resta l’amaro del sapore di differenziazione. Qui muore la società civile, qui muoiono le pari opportunità, il diritto allo studio e all’inclusione. Qui, nella nostra bella Italia, muoiono ancora una volta anni di sacrifici fatti dai genitori per far valere i diritti dei loro figli. Qui viene seppellita la fatica che ognuno di noi fa per ottenere risultati (ahimé piccoli, spesso, agli occhi di chi guarda). Qui muore totalmente la dignità dell’essere umano tutto, non solo del disabile: perché chi accetta e si piega a questa manovra sporca, è complice di aver permesso un olocausto in cui a morire sono l’idea ed il concetto del “si può fare”. E no, non sto citando “Ritorno al futuro”, perché questo pare più il Medioevo.

(fonte: www.fanpage.it)

 

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