Arrestato il comandante di un motopeschereccio livornese: per sfuggire ai controlli gettò in mare, davanti alla foce del Calambrone, un marinaio extracomunitario che aveva arruolato abusivamente.
Violenza privata”, “violenza o minaccia per costringere a commettere un reato” e “sfruttamento del lavoro” (cd. “caporalato”). Questi i reati che la Procura di Livorno contesta ad un 46enne livornese, comandante di un peschereccio della marineria locale, arrestato dai Carabinieri del Comando Provinciale e dalla Guardia Costiera di Livorno.
I militari dei due comandi hanno infatti dato esecuzione questa mattina ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Livorno, su richiesta del P.M. Fiorenza Marrara, a conclusione dell’indagine denominata “CATENE”, attendendo il rientro dalla battuta di pesca del pescatore, ormeggiatosi con l’imbarcazione presso l’abituale posto d’ormeggio in banchina in darsena vecchia.
L’indagine aveva tratto origine da un salvataggio in mare, nel tardo pomeriggio dell’8 giugno del 2016, operato a favore di un cittadino senegalese nello specchio acqueo di Calambrone a qualche centinaio di metri dalla costa. L’uomo, salvato da un bagnino che si era accorto di lui vedendolo annaspare nell’acqua, nella circostanza raccontò allo stesso assistente bagnante che per paura di un controllo della Guardia Costiera che in quel momento stava effettuando controlli, il comandante di un peschereccio, per il quale lavorava in maniera irregolare, lo aveva spinto in mare, pur consapevole che non avesse le capacità di nuotare per mettersi in salvo.
Dopodiché, il cittadino extracomunitario si era dileguato facendo perdere le proprie tracce.
Le iniziali indagini, condotte dalla Guardia Costiera, che nell’occasione era giunta poco dopo sul posto raccogliendo le dichiarazioni del bagnino e di alcuni testimoni, consentivano di riscontrare come veritiero quanto dichiarato dall’immigrato e grazie ai successivi accertamenti di identificare il responsabile del gesto, nella fattispecie il comandante e proprietario del peschereccio “Gionatan”, Andrea CAROTI.
Il CAROTI, nei giorni successivi, avendo saputo che il cittadino senegalese era stato convocato dalla Guardia Costiera per rendere dichiarazioni su quanto accaduto, lo minacciava ripetutamente per costringerlo a non dire la verità.
Le ulteriori indagini, svolte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri e dalla Guardia Costiera, facevano emergere un quadro probatorio a carico dell’indagato che dimostrava come il CAROTI, per gli interessi della propria attività di pesca professionale, avesse posto in essere uno sfruttamento continuo, non solo del senegalese, ma anche di altri cittadini extracomunitari per lo svolgimento di varie mansioni a bordo dell’imbarcazione. Persone che avendo necessità di lavorare venivano costrette a turni massacranti, per un compenso di 10 euro a volta ed una modesta quantità di pesce, offesi ripetutamente quando non eseguivano a dovere gli ordini.
Una volta tratto in arresto, l’indagato è stato condotto in caserma per l’identificazione formale da parte dei Carabinieri e della Guardia Costiera per la successiva applicazione delle misure cautelari disposte dal G.I.P. di Livorno.