(Terza Parte)

Lo stesso Leymann concretizza le azioni di mobbing in un modello composto da quattro fasi. Individuando la prima di queste, nel conflitto quotidiano sul luogo di lavoro, la seconda nell’inizio del mobbing e del terrore psicologico, la terza in quella degli errori e abusi anche non legali dell’amministrazione del personale e la quarta ed ultima, si concretizzerebbe, in quella dell’esclusione dal mondo del lavoro.
Mentre il c.d. “Modello italiano”, cui personalmente propendo maggiormente, ipotizzato dallo psicologo Harald Ege, è composto da sei fasi.
La prima fase consiste nel conflitto mirato, che è il momento in cui viene individuata la vittima e nei confronti della quale inizia ad essere diretta la conflittualità generale. Secondo l’autore, il conflitto fisiologico di base dunque prenderebbe una svolta, e non sarebbe più una situazione stagnante, ma verrebbe incanalato in una determinata direzione. A questo punto, l’obiettivo non sarebbe più solo quello di emergere, ma quello di distruggere l’avversario, fargli le scarpe. Inoltre, il conflitto ora, non sarebbe più solamente oggettivo e limitato al lavoro, ma sempre più propendente verso argomenti privati.
Nella seconda fase, troviamo l’inizio del mobbing, ma gli attacchi da parte del persecutore non sono ancora così rilevanti d’ingenerare nella vittima sintomi o malattie di tipo psico-somatico, ma provocano in ogni caso, una sensazione di disagio, fastidio ed una sorta di malessere. Il lavoratore perseguitato, comincia a avvertire un irrigidimento della comunicazione relazionale con i colleghi, tentando di capirne le motivazioni.
Secondo lo schema di Ege, nella terza fase, la vittima, comincia ad avvertire i primi sintomi psico-somatici, manifestando per questo, anche problemi di salute, in una condizione che può perdurare nel tempo. Sintomi questi, che generalmente sono legati ad un senso d’insicurezza, i quali comportano le prime manifestazioni d’insonnia, correlati anche a problemi gastroenterici.
Ege, individua nella quarta fase, il presentarsi di errori ed abusi da parte del titolare dell’impresa e/o dell’ amministrazione del personale dell’ente. Ora il mobbing, non è più una situazione che rimane nel silenzio della vittima, come nella precedente fase, ma diviene pubblica, poiché a causa delle sue sempre più frequenti assenze dovute alle malattie, emergono errori di valutazione da parte dell’ufficio del Personale, il quale comincia a nutrire sospetti proprio a causa  delle continue assenze del mobbizzato.
Secondo il modello in esame, nella quinta fase, interviene un serio aggravamento della salute psico-fisica della vittima, la quale, in questo stato va letteralmente ad infilarsi in una vera e propria condizione di disperazione.

 

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