PARLIAMO DI MOBBING. UN ALTRO FNOMENO SOMMERSO (Rubrica a cura del Dr Remo Fontana, Criminologo)
(Quarta Parte)
Cominciando generalmente a soffrire di forme depressive di vario grado, sottoponendosi per questo a terapie a base di psicofarmaci, i quali si rivelano purtroppo, un mero placebo, poiché il problema non è da ricercarsi in una malattia dell’individuo, ma bensì, in ciò che continua ad accedere sul posto di lavoro, che al contempo, presenta tendenza all’aggravamento. Si parlava di errori da parte delle amministrazioni o dell’ufficio personale di queste. In effetti, queste sono dovute quasi sempre alla mancata conoscenza del fenomeno del Mobbing e delle sue caratteristiche, o a causa di chi fa finta di non conoscerle, cercando in questo modo di pigiare sull’acceleratore della vittima. Ne consegue che, i provvedimenti presi, si rivelano assolutamente inadatti e per questo, viceversa, molto pericolosi nei confronti della vittima, la quale finisce inevitabilmente per cedere alla convinzione di essere lei stessa la causa di tutto o che comunque, in un mondo d’ingiustizie, nessuno queste, potrà mai risolverle, piombando per questo, ancora di più nella depressione .
Siamo alla quarta fase, quella in cui avviene la vera e propria esclusione dal mondo del lavoro: la fase conclusiva del Mobbing. La vittima, convinta di non avere più alternative, rassegna le proprie dimissioni volontariamente, oppure viene licenziata, oppure ancora, cerca di trovare rimedio, facendo ricorso al pre-pensionamento, uscendo in questo modo dal mondo del lavoro, divenuto oramai insopportabile ed un inferno giornaliero e fonte di mille mali. Salvo, in alcuni casi, che vedono la risoluzione delle vessazioni, per mezzo di eventi traumatici, quali il suicidio, nonché vendette o pensieri di omicidio, nei confronti del mobber.
Secondo lo studio di Ege, anche quest’ultima fase, farebbe seguito a quanto preparato dalle circostanze della precedente quinta fase, che a causa dello stato psicologico in cui è stata portata la vittima, la stessa sarebbe indotta a cercare l’uscita dal mondo del lavoro, tramite le dimissioni o licenziamento, una forma più grave può portare al pre-pensionamento o alla richiesta della pensione di invalidità. Mentre casi più seri, o comunque di persone più sensibili e che possono reagire in modo diverso ed estremizzare il peso delle vessazioni, possono vedere la loro conclusione, mediante l’adozione di atti estremi, come appena anzi detto.
Ma, quand’è che effettivamente si concretizza una situazione di mobbing?
La Corte Costituzionale ha sentenziato che per avere una situazione di mobbing, debbano rilevarsi “costrittività organizzative”, le quali sono ravvedibili nella marginalizzazione dalla attività lavorativa del soggetto vessato, nello svuotamento delle sue mansioni, nella mancata assegnazione dei compiti lavorativi con conseguente inattività forzata, nonché nella mancata assegnazione degli strumenti di lavoro.