(Ottava Parte)
Ci vuole poco a capire, che L’Istituto di Assicurazioni in questione, cerca di mandarla alla lunga. L’assicurato mobbizzato, ha la possibilità di presentare un primo ricorso, assistito anche da un medico legale di sua fiducia, presso il medesimo Istituto in sede collegiale, ma il ricorso, con molta probabilità, verrà respinto con addotta la medesima motivazione. Si spera così, nella “stanca”, da parte del lavoratore, che magari disilluso e già disperato e con poca o nessuna disponibilità economica, decide per questo di chiudere la controversia e di conseguenza la vicenda, senza dare più alcun seguito.
Il passo successivo invece, è quello del ricorso giudiziale presso il Tribunale del lavoro, il quale prevede un termine di prescrizione in tre anni e 150 giorni (210 per le revisioni) e decorre dal giorno dell’infortunio. E siamo solo al primo grado! Questa purtroppo è la nostra giustizia, con i suoi tempi ed i suoi costi: quella in cui può incappare anche una povera vittima di mobbing.
Uno dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionali e previsto dall’art. 32, il quale prevede che la salute sia un diritto dell’individuo, mentre l’art. 2087 del Codice Civile, concerne la tutela delle condizioni di lavoro di un individuo. A seguire il Codice penale, prevede ulteriori sanzioni, oltre quelle più sopra indicate, in caso di omissione dolosa (art.437) e colposa (art. 451) di tutele contro gli infortuni sul lavoro. Poi con il Decreto 81/2008, viene introdotto il concetto di stress correlato al lavoro, nonché il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, già previste dall’ex previgente D.lgs 626/94.