(continua dall’edizione precedente
Tale quadro clinico può far seguito ad un precedente trauma per lo più modesto, spesso considerato insignificante quando riferito dal paziente. Inoltre non è infrequente che potrebbe esserci un ritardo di qualche mese tra il trauma e la manifestazione clinica dello Charcot. In accordo alla presenza o meno di alterazioni radiologiche la fase acuta attiva potrebbe essere divisa in uno stadio iniziale ed in uno stadio più avanzato. Nella fase iniziale è solo il “sospetto clinico” a guidare la diagnosi. Spesso infatti è caratteristica l’assenza di segni radiografici, mentre sono presenti i segni clinici dell’infiammazione del piede. Questa fase, se riconosciuta come tale, può consentire di limitare la naturale progressione della patologia con lassità dei legamenti, erosione della cartilagine e dell’osso subcondrale, fenomeni di sublussazione e limitata mobilità articolare che caratterizzano la fase più avanzata. L’ulteriore evoluzione del quadro è caratterizzata da dislocazione e frammentazione dell’osso, instabilità articolare fino all’alterazione dell’integrità anatomo-funzionale del piede che rappresenta il passaggio alla fase di deformità o fase cronica dello Charcot.
Fase cronica: La cronicità dello Charcot si caratterizza per evidenti deformità strutturali residue, con instabilità più o meno grave di tipo funzionale, in presenza di una completa remissione dei segni di infiammazione locale ed assenza di differenza di temperatura cutanea rispetto al controlaterale. La fase cronica può anche esordire con la comparsa di una lesione ulcerativa nella sede di maggiore carico pressorio secondario alla deformità del piede. La localizzazione dello Charcot varia a seconda delle sedi anatomiche interessate dal processo osteodistruttivo con differenze nel percorso clinico della patologia ma soprattutto nella prognosi.
Diagnosi: La diagnosi dello Charcot è essenzialmente clinica almeno nella sua fase iniziale. Se da un lato si è constatato che in soggetti diabetici con neuropatia l’osteoartropatia di Charcot possa esordire dopo un trauma anche modesto, è altresì vero che il trauma non rappresenta un prerequisito per l’insorgenza del piede di Charcot. Un paziente con diabete e neuropatia periferica che manifesti edema, iperemia, aumento di temperatura cutanea del piede e assenza di segni radiologici molto probabilmente ha già in atto un processo di Charcot in fase acuta. Pertanto di fronte a tale condizione clinica, anche se in presenza di dubbio diagnostico, bisognerebbe comunque non escludere che si tratti della suddetta patologia. L’espressione dello Charcot nella fase acuta più iniziale rappresenta il momento diagnostico più critico perché spesso non supportato da indagini strumentali capaci di dirimere definitivamente il dubbio. Un’attenta anamnesi, la modalità di esordio e l’evoluzione stessa del quadro clinico potranno indirizzare verso una diagnosi più corretta. Comunque anche nella fase del “sospetto clinico” di una condizione di Charcot acuto, è essenziale non ritardare ulteriormente la messa in atto di un trattamento conservativo al fine di preservare il paziente da successive complicazioni locali. In questa condizione il trattamento più idoneo prevede l’astensione dal carico per limitare o arrestare il processo osteodistruttivo.
(continua nella prossima edizione)