Le cronache locali forniscono ricorrenti e sempre preoccupanti notizie su Csp: discutibili condotte gestionali, insostenibili deficit, complesse procedure fallimentari, elevati esborsi da concordato, necessità di ampliamento delle competenze, richieste di capitalizzazione, pericoli di possibili privatizzazioni. Per giunta, dal tenore del dibattito si evince talvolta un’insufficiente consapevolezza del fatto che in Italia si opera da circa un secolo in regime di economia mista pubblico privato. E che la contrapposizione ideologica tra i fautori delle due concezioni economiche è stata risolta dalla costituzione repubblicana che ha sancito che la libera iniziativa economica deve dispiegarsi all’interno di una programmazione complessiva dello Stato. Che è chiamato a svolgere un ruolo importante operando da imprenditore pubblico, e soprattutto ponendo all’economia nazionale degli obiettivi improntati ai principi di solidarietà sociale e di tutela del lavoratore. Il quadro è mutato solo parzialmente con le privatizzazioni del 1992 e con la normativa Ue. Tanto che tuttora la scelta economica è libera, anche a livello locale. E’ per questo motivo che se si ragiona dei risultati raggiunti da una qualsiasi società, pubblica o privata che sia, conviene distinguere tra buona e cattiva gestione piuttosto che lasciarsi guidare dall’ideologia. Nel caso di caso di Csp, riteniamo si debba pensare più che mai a tutelare l’interesse dei cittadini: badare ai conti a posto, alla correttezza amministrativa, alla qualità e ai costi del servizio e al dato occupazionale, che riveste ovviamente una grossa importanza. In sintesi, le società partecipate sono state costituite proprio per assolvere a determinati compiti e a ciò deve corrispondere il loro funzionamento. E quindi ogni correttivo deve incidere su tali questioni. Senza escludere a questo punto la possibilità di un ripensamento del rapporto tra la partecipata e il comune, dal momento che essendo ormai necessaria una ricapitalizzazione, quest’ultimo potrebbe non più limitarsi ad esercitare l’azione di indirizzo e controllo ma decidere di meglio integrare l’azione della sua società nella propria politica economica. Utilizzando appieno l’azienda come un apripista di più ampie proiezioni economiche, che si inserisce in un sistema settoriale e di livello regionale e nazionale per occuparsi del riutilizzo e del riciclo di rifiuti, per stimolare l’innovazione del sistema produttivo e trasferirvi i più aggiornati ritrovati tecnologici. Concorrendo con questo ad una crescita diversificata dell’economia e a un progressivo recupero dell’occupazione.
Il coordinamento del POLO CIVICO