Presentazione del libro di Giacomo Di Costanza, “Come papaveri nella tempesta”
TARQUINIA – “Come papaveri nella tempesta”: questo il titolo del bellissimo libro scritto dal tarquiniese Giacomo Di Costanza ed edito da “Pav edizioni” che verrà presentato oggi pomeriggio alle ore 17 nella biblioteca comunale. Di Costanza è al suo secondo libro: prima di “Papaveri nella tempesta”, ha infatti pubblicato il romanzo: “Bellezza e Terrore” sempre di Edizioni Pav. A dialogare con il giovane e bravissimo autore sarà la giornalista Romina Mosconi.
Giacomo Di Costanza nasce nel febbraio del 1994 a Bologna, ma fin da piccolo vive nella cittadina etrusca di Tarquinia. Dopo aver conseguito una laurea triennale in Filosofia, ha continuato il proprio percorso universitario laureandosi in Editoria e scrittura cum laude. Nel periodo degli studi ha scritto per varie testate cartacee e online. Sentendo poi la necessità di rimanere al passo con i tempi, si è specializzato ulteriormente in digital marketing e ha così potuto iniziare a lavorare come copywriter, sua attuale professione. Per Giacomo la letteratura, in ogni sua forma, funge da strumento per sbrogliare la matassa del presente. Con coraggio e umiltà, senza la presunzione di possedere la verità ma con il vivo desiderio di ricercarla. Sempre e comunque.
Nei sei racconti viene narrato lo scorrere del tempo e i mutamenti che avvengono nelle persone anche se, in fondo, l’essenza non cambia.
Siamo tutti “piccole anime fragili che lottano, soffrono, ridono, amano. Piccole anime fragili che resistono fianco a fianco, proprio come “papaveri nella tempesta.”
Il primo racconto si intitola “Una madre” ed è dedicato ad una mamma che ama immensamente la sua bambina e che per poterle comprare pannolini, vestitini e latte in polvere, è costretta a inseguire i suoi sogni su un marciapiede. Ci racconta anche della terribile infanzia che lei stessa subito. Un’infanzia che ha segnato il suo triste destino. A seguire: il racconto di “Un peccatore” che si confessa al parroco e racconta di quelle cicatrici che ha sul corpo e nell’anima.
Poi c’è: “Un’infermiera”, dove si marra la storia di una donna che per emergere da un’esistenza piatta e insignificante provoca embolie gassose ai suoi anziani pazienti.
In “Un matto” sono trattati i temi della malattia mentale, del bullismo, della fame compulsiva: “Perché la fame che mi opprimeva non accennava a placarsi? Non lo sapevo ma dovevo continuare a mangiare.” Sentirsi “troppo poco”, inadeguato e finire per costruirsi una realtà parallela nella quale rifugiarsi e stare al sicuro.
In “Un malato” l’autore si domanda cosa si prova a sentirsi dire che fra sei mesi saremo nuvole, vento e che non ci saremo più.
Quella descritta con un bellissimo linguaggio è un’umanità in bilico, anime fragili che potrebbero spezzarsi da un momento all’altro “come papaveri nella tempesta”.