PARLIAMO DI MOBBING. UN ALTRO FNOMENO SOMMERSO (Rubrica a cura del Dr Remo Fontana, Criminologo)
(Prima Parte)
Con questo termine, il “mobbing”, si contemplano e riuniscono, tutte quelle pratiche tese a discriminare un prestatore d’opera, nel luogo di lavoro allo scopo di obbligarlo ad accettare pratiche, incarichi o a svolgere comunque attività indesiderate e/o sgradevoli, o di costringerlo a lasciare il suo posto di lavoro, anche mediante una sorta d’isolamento.
Tale pratica, può essere causa nel tempo, di conseguenze di rilevante gravità, oltre che sul piano psicologico, anche su quello sociale.
Vi sono altre pratiche, che possono essere esercitate nei luoghi di lavoro, da non confondere assolutamente con il mobbing, come ad esempio le molestie sessuali e morali, gli abusi lavorativi, lo spadroneggiamento, c.d. bossing ed il bullismo.
L’etimologia della parola mobbing, ha origini latine, significando “il movimento della gentaglia, il fuoco plebeo”. Tradotto dall’inglese in lingua italiana il sostantivo mob, indica “folla, moltitudine disordinata, violenta, marmaglia, plebe”, mentre il verbo to mob, si traduce in “attaccare, assalire, aggredire”. Mediante l’aggiunta del suffisso “ing”, da parte dell’etologo e zoologo austriaco Konrad Lorenz, viene individuato un tipo di comportamento animale, che pone in essere un gruppo di piccoli uccelli, allorquando, attaccando simultaneamente un uccello più grande, riesce ad allontanarlo.
Lo psicologo del lavoro Heinz Leymann, negli anni ottanta riprese il termine applicandolo ad una nuova forma di sintomatologia, riscontrata in alcuni operai svedesi, che risultavano aver subito una serie di intensi carichi psicologici sui posti di lavoro.
In proposito, ancora oggi a livello mondiale, non è presente una globalità di definizione della parola, anche in conseguenza di un problema culturale, che la diversifica tra i vari paesi e le varie civiltà, interessati dal problema del mobbing.
Tale diversificazione può essere seguito di varie cause, come l’importanza data al lavoro all’interno della vita umana in una determinata società, la competitività sui luoghi di lavoro, il livello di aggressività, sinché questo giudicato tollerabile, gli ammortizzatori sociali e l’apertura alla diversità e alla multiculturalità.
I valori culturali come detto cambiano ed ad esempio, l’opinione diffusa della vita in Germania è quella : “ Si vive per lavorare”; mentre in Italia è quella : “Si lavora per vivere”. Mentre l’americano medio non è radicato ad alcun territorio, tanto che dichiara: “My job is my Home”, letteralmente, “Il mio lavoro è la mia casa”, mentre in Giappone al primo posto è messo il benessere dell’azienda, il cui esempio inequivocabile, ne è il toyotismo, poi viene la famiglia, la salute ed il denaro, a cui seguono interessi personali, compresi carriera e denaro, nonché ancora altre variabili, come ad esempio la moda, la politica, l’ambiente, ecc.