Pubblico impiego. Il capro espiatorio (Rubrica a cura del Dr Remo Fontana, Criminologo)
(Seconda ed Ultima Parte)
Ho avuto modo di dare solo un rapido sguardo alla riforma Madia sul pubblico impiego, da come se ne parla, sembra ci sia una rivoluzione in atto, che sanerà tutti i mali della pubblica amministrazione italiana, dando in questo modo il “contentino” a tutto il popolo che vuol punire questa categoria e su cui riversare le grandi truffe di molti altri, in una sorta di mega capro espiatorio. Si parla dei controlli sanitari che saranno effettuati da parte di medici dell’INPS, al posto di quelli preesistenti effettuati dai medici legali ASL, di fasce orarie da rispettare e così via. Ma, vorrei rammentare, che già ora le fasce orarie di reperibilità per i dipendenti pubblici, ai sensi di quanto disposto dal Decreto ministeriale 18 dicembre 2009 n. 206, sono abbastanza ampie e per questo molto restrittive, dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00 compresi i giorni non lavorativi e festivi, a fronte di quelle da osservare nel settore privato che sono attualmente dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00, di ogni giorno.
Vi è poi da aggiungere, che ad opera della c.d. “decurtazione Brunetta”, nel settore del pubblico impiego, l’art. 71, primo comma, del decreto n. 112/08 convertito in legge n. 133/08 prevede che per gli eventi morbosi di durata inferiore o uguale a dieci giorni di assenza, debba essere corrisposto esclusivamente il trattamento economico fondamentale con decurtazione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio ed ai fini della decurtazione, il riferimento è ad ogni evento di malattia che colpisce il dipendente, anche della durata di un solo giorno, e per tutti i primi dieci giorni di ogni evento morboso. Insomma, vorrei far osservare, che salvo alcuni casi, che ribadisco, marginali, seppur questi gonfiati dai media, per il dipendente pubblico, pur volendolo, non è così conveniente assentarsi dal lavoro, anche in relazione alle remunerazioni economiche già molto basse e, come accennato in apertura, da oltre sette anni, non più adeguate ai costi della vita. Sono invece fermamente convinto, che la lotta da effettuare ed intensificare, che nel mio piccolo ho sempre tentato di porre in atto nell’arco temporale della mia attività lavorativa, è quella di stanare, isolare, denunciare e licenziare, le pochissime “pecore nere”, che nell’ultima ipotesi, già prima della Riforma Madia, ritengo sia stato possibile farlo, ponendo anche termine a quella sorta di omertà, assunta da parte di molti lavoratori onesti, che pur di evitare possibili “rogne” con il collega truffaldino, finivano o finiscono ancora oggi, per lavorare nel silenzio, sobbarcandosi anche i compiti di quest’ultimo.
Anche la politica, che ora fa finta di voler sistemare le cose, ritengo abbia le sue responsabilità e certamente non da poco conto, poiché magari, come nel caso di piccole realtà territoriali, ove questa è molto vicina al dipendente, ha protetto in talune circostanze e per vari motivi, il furbetto che chiamerei invece truffatore, sempre a discapito del lavoratore onesto, il quale ancor più sfiduciato, scoraggiato e demotivato, ha continuato nel suo lavoro, abbassando la testa e subendo passivamente.
Un altro aspetto è poi quello che riguarda la dirigenza, in alcuni casi e forse neanche poi così pochi, pagata profumatamente, ma che di fatto, in non poche circostanze, ha letteralmente portato alla catastrofe alcuni servizi o interi dipartimenti, omettendo in prima persona i controlli dovuti e per i quali era remunerata, magari uscendo anche da quel lavoro con mega liquidazioni, pur avendo combinato disastri economici con conseguente ingente sperpero di denaro pubblico, in tanti casi per mera negligenza ed in tanti altri in piena coscienza delle illegalità che stava commettendo. Chissà, magari anche qui, per una sorta di commistione con gli stessi dipendenti, come nel caso dell’impiegato, che nel tempo libero, quando va bene, diciamola così, si adatta a fare l’idraulico o l’elettricista, e va ad eseguire anche il “lavoretto”, nella casa del suo superiore gerarchico, che per questo poi, per una sorta di scontata riconoscenza chiude un occhio, oppure entrambi, durante il lavoro ufficiale, quello vero, oppure ancora gratificandolo anche sotto l’aspetto della progressione della sua carriera, pur non avendo le giuste competenze necessarie al nuovo ruolo che ora gli viene assegnato.
Tutto questo è secondo me, il male che ancora oggi regna nella pubblica amministrazione. Ma il mio intervento è finalizzato a porre la lente d’ingrandimento sul grande lavoro svolto dalla maggior parte dei dipendenti pubblici, che peraltro non hanno più, come ancora si usa affermare ve ne è piena convinzione tra la gente, la certezza del posto di lavoro, il c.d. “posto fisso”, ma parimenti ai privati dipendenti, sono soggetti anch’essi a forme di trasferimento, reingegnerizzazione di strutture ed organizzazioni, nonchè anche a varie forme di licenziamenti e come già accennato, a costanti controlli sulla performance; rispondere della trasparenza degli atti e dei procedimenti assegnati ed adeguarsi al proliferarsi continuo delle norme, non per ultime, quelle relative all’anticorruzione, non sempre così chiare, che proprio per questo, sono state ritenute dalla Suprema Corte, più volte e con troppa frequenza, anticostituzionali.
Per quanto mi riguarda, ho prestato il mio servizio per tanti anni in aziende private ed altrettanti nel pubblico impiego, ove ancora lavoro ed in ambo i casi, ho conosciuto persone straordinarie, che hanno fatto e fanno del loro lavoro, uno degli obiettivi primari della loro vita.
Allora, bandisco con fermezza e respingo le moltissime illazioni, costruite a regola d’arte, così come fossero una moda del momento, nei confronti dei pubblici dipendenti, che di contro invece, molto spesso, come accennato sopra, anche per la notevole e costante riduzione delle risorse economiche, lavorano in condizioni disagiate ed in ambienti non conformi o al limite della decenza, sotto pressione e con carichi di lavoro, abbondantemente al di sopra di quelli previsti. Sparare nel mucchio, è molto facile e fa audience, ma si fa solo una strage d’innocenti e non risolve i problemi ed i veri delinquenti, si fanno per questo due risate, alla barba di tutti. Ed ancora, basti pensare, al famoso turnover, se e quando qualcuno va in pensione, questo non viene più sostituito, con conseguente aumento della disoccupazione giovanile, ma il lavoro deve andare avanti lo stesso e questo lo si fa, con i colleghi che rimangono in servizio, ma che intanto hanno raggiunto anch’essi limiti di età ragguardevoli, per i quali, solo qualche anno fa sarebbero già stati da tempo collocati in pensione. Ciò, con tutti i limiti di un fisico che non è più quello di un ventenne ed inoltre costretti in molte circostanze, per ore ed ore, all’utilizzo di apparecchiature informatiche, che ovviamente, non sono certo il massimo per la vista di chi le utilizza, specie se avanti con gli anni.
Anche se si cerca di negarlo, il pubblico impiego, è il motore di molti enti pubblici, non per ultimi i comuni, la così detta macchina comunale, ove sono relegati tantissimi servizi alla cittadinanza, composta da impiegati ed operai, uomini e donne, che quotidianamente prestano il loro servizio, molte volte ben oltre il proprio orario di lavoro, dimostrando spirito di sacrificio ed abnegazione; non sono così rari i casi, in cui per mancanza di fondi economici, questo lavoro non viene retribuito, ma semplicemente espletato dal singolo dipendente, proprio per il suo spirito di collaborazione verso l’ente di appartenenza e tutta la popolazione con la quale interagisce quotidianamente, la quale ultima, proprio per ciò che ho detto in apertura, non riconosce al dipendente queste peculiarità, continuando a vederlo con ostilità e disprezzo, solo a causa di qualche mela marcia e della pubblicità negativa che viene fatta dai media, la quale, sono convinto, sia realizzata ad arte, al fine di trovare nei dipendenti pubblici, un capro espiatorio, su cui riversare i veri grandi mali della Nazione Italia.