Dalle vicende di Isabella de Medici, la Duchessa di Bracciano, a quelle altrettanto efferate ed intrise di mistero, della Contessa Elizabeth Bathory.
Come avevo promesso, è mia intenzione iniziare la mia analisi su determinati crimini, andando a ricercare a ritroso nel tempo, casi semisconosciuti e particolari, che per le loro caratteristiche, secondo la definizione coniata negli anni ‘70 del ‘900 negli Stati Uniti d’America dall’L’F.B.I., a seguito di alcuni studi condotti in particolare da Ressler, oggi possono essere definiti come seriali.
Anche il periodo storico, cambia di poco. Infatti, siamo ancora una volta nel XVI secolo, ed esattamente 18 anni dopo la nascita di Isabella De’ Medici: è esattamente il 1560, quando viene alla luce, Elizabeth Bathory.
Dalla vicina e ridente cittadina lacustre, affrontando un viaggio di circa 1500 chilometri, raggiungiamo l’Ungheria e più precisamente, quello che allora era il villaggio di Nyírbátor, situato nella provincia di Szabolcs-Szatmár-Bereg, nella parte nord-orientale del Paese; oggi, una cittadina che conta circa 12.674 abitanti.
Elizabeth trascorse i primi anni della sua vita, nelle proprietà della famiglia di Ecsed in Transilvania, attuale Romania. Nei suoi famigliari, i Báthory-Ecsed e i Báthory-Somlyó, erano presenti eroi di guerra, che avevano combattuto contro i turchi osmani, cardinali e re ed erano parte integrante delle progenie ungheresi di religione protestante.
L’usanza di unirsi in matrimoni consanguinei, era non di rado causa di disturbi al sistema nervoso, anche di particolare gravità, come schizofrenia ed attacchi epilettici, a carico di alcuni membri delle famiglie e dai quali anche Elizabeth, sembra non ne fosse completamente esente.
Infatti, sin dai primi anni della sua vita, sembra desse segni d’instabilità umorale, passando inspiegabilmente ed improvvisamente, dallo stato di tranquillità a quello di ira, soffrendo anche di forti mal di testa. Tra storia e leggenda, si racconta di lei che all’età di soli sei anno, avrebbe assistito ad un episodio, tanto sconvolgente, da lasciare in lei un ricordo indelebile. Uno zingaro, invitato a corte insieme ad altri suoi simili, venne condannato a morte per aver venduto uno dei suoi figli ai turchi. Il boia, tagliò l’addome di una cavallo che prima era stato legato in terra, il condannato venne posto nel suo interno, con la sola testa fuori, mentre la pancia venne ricucita, lasciando morire lentamente l’uomo, tra urla e grida, chiuso al suo interno.
All’epoca, i matrimoni, specie quelli tra famiglie nobili e potenti, erano concordati ed anche in questo caso, come in quello di Isabella De’ Medici, la Duchessa di Bracciano, che ho trattato nelle precedenti puntate su questa stessa testata giornalistica, nel 1571, quando Elizabeth aveva solo undici anni, fu promessa in sposa ad un uomo più grande di lei di sette anni: il Conte Ferenc Nádasdy, andando a vivere nel castello di Nádasdy di Sárvárnel Transdanubio, vicino al confine con l’Austria.
Ma, gli episodi di violenza inaudita, soprusi e torture, erano all’ordine del giorno. All’età di tredici anni, durante una visita a suo cugino, il principe di Transilvania, si trovò ad assistere al taglio delle orecchie e del naso ad oltre cinquanta persone, che erano state accusate di ribellione dal nobile.
Poi, a soli quindici anni, nel maggio del 1575, gongolò a nozze con il promesso sposo Ferenc Nádasdy, abile spadaccino che aveva compiuto i suoi studi a Vienna, che era però quasi sempre lontano dal castello per combattere i turchi, trovandosi così a gestire da sola la tenuta Sárvár e tutta la servitù.
La Contessa Elizabeth Bathory, usava vestirsi con abiti maschili, non disdegnava anche rapporti omosessuali, ma pur essendo da quanto si dice, una bella donna, sembra fosse ossessionata dalla sua immagine allo specchio. Da una relazione extraconiugale, avuta prima dei vent’anni, quando il marito era lontano in battaglia, ebbe una figlia, affidata subito ad un contadino, mentre dopo i venticinque anni ebbe quattro figli.
La frequente lontananza del marito, ha consentito ad Elizabeth di cominciare ad incontrarsi con sua zia, la contessa Karla, e di partecipare alle orge da questa organizzate, nonché di avere l’occasione di conoscere Dorothea Szentes, detta Dorka, esperta di pratiche magiche ed occultismo, la quale non perse l’occasione per capire ed incoraggiare le sue tendenze sadiche, insieme al perfido servo Thorko.
Strumenti di tortura, scoperti nelle segrete del castello, insieme all’indottrinamento delle pratiche di magia nera da parte della Szentes, fecero con ogni probabilità affiorare in lei gli elementi più oscuri e profondi della sua personalità, cominciando ad esternare le sue perversioni, iniziando a torturare, violentare e seviziare, adolescenti e dividendosi tra decine di amanti.
Torturava le giovani ragazze della sua servitù, costringendole a tenere strette tra le mani monete incandescenti, o infilando tra le dita dei loro piedi, pezzi di carta poi dati alle fiamme. Ferri incandescenti venivano usati per sfigurare i visi delle giovani ragazze, mentre aghi e fili venivano usati per cucire loro le lebbra o per essere infilati sotto le unghie, tra le urla laceranti delle vittime e nell’assoluta insensibilità della Contessa, che riteneva in questo modo di punirle, quando solo un suo nobile abito, fosse stato stirato male. In altri casi, dopo aver spogliato le ragazze, spalmava del miele sul loro corpo, legandole ad un albero nella foresta e lasciandole aggredire e divorare dagli animali selvatici, mentre una delle pratiche più aberranti e perverse, era quella di bruciare per mezzo di una candela le parti intime delle povere malcapitate, che sembra in alcuni casi venissero poi uccise e fatte in pezzi, per essere date in pasto ai soldati di ritorno dalle guerre, ignari di ciò che stavano mangiando.
Ma, vi è di più. Tra le persecuzioni, vi era anche quella di far spogliare completamente, sempre giovanissime ragazze della sua servitù, costringerle ad uscire nude dal castello tra le gelide nevi dei freddissimi inverni dell’est europeo, gettando loro indosso secchiate di acqua fredda. Sino a quando, inevitabilmente, le vittime finivano per morire assiderate, dopo aver patito non pochi stenti.
Poco prima del 1604, data in cui il Conte e marito Ferenc Nádasdy morì, Elizabeth organizzò quella che si può definire, una vera e propria compagnia della tortura e della morte, composta da dame e cortigiane, quali Ilona Jó, Dorottya Szentes, Kateline Beniezky e il valletto nano Ficzkó, il quale, sino a quel momento sempre deriso e respinto dalle donne, non aspettava altro che trovare il modo di potersi vendicare contro di esse, avendo così l’inaspettata opportunità di mettere in atto tutta la sua malvagità e cattiveria, unendosi alla “compagnia”, in un micidiale, perverso e quanto mai criminale cocktail, che si riversava di fatto in mille sevizie nei confronti delle povere ragazzine capitate sotto le grinfie del gruppo.
Come ho detto, alla Contessa non le mancavano certo gli uomini che, seppur bella, sembra fossero attratti non tanto dal suo aspetto fisico, ma più dalle sue ricchezze e possedimenti, mentre lei era pervasa dalla paura d’invecchiare e dal deterioramento del suo aspetto e del resto del suo corpo.
Un giorno, sempre dai racconti tramandati nel tempo, sembra che mentre stesse commettendo una delle tante oramai consuete atrocità su di una serva, una goccia di sangue della giovane, finì sulla sua mano, che, non si sa bene per quali ragioni, probabilmente dovute solamente allo stato della sua mente malata, convinsero comunque la Contessa che in quel punto la pelle si fosse distesa e ringiovanita, come miracolosamente rigenerata.
Questo, fu solo il là che diede inizio ad una serie di orrende, inarrestabili ed impensabili perversioni e sevizie per una normale mente umana, che tale si possa definire. Elizabeth, cominciò a sequestrare adolescenti del vicino villaggio che si recavano al castello per vari motivi ed in cerca di lavoro. Tra le altre cose, si racconta che la Contessa, avesse fatto costruire una vasca con delle ossa umane, perfettamente unite tra di loro. Le ragazze requisite, venivano appese per i piedi sopra di questa è sgozzate brutalmente e selvaggiamente, mentre il loro sangue sciorinava sino all’ultima goccia al suo interno ed il cuore terminava di battere. In altri casi, le giovani venivano rinchiuse in strettissime gabbie, ricolme di aculei e dopo ore di permanenza ed aver resistito sino all’ultimo stremo, prese dalla stanchezza e dal sonno, oramai sfiancate, si lasciavano andare, finendo impalate dai grossi aculei.
Il sangue raccolto in abbondanza nella vasca, serviva per il bagno della Contessa, che senza alcuna empatia ed in preda ad un disegno follemente criminoso, era convinta, che immergendosi in esso, non sarebbe mai più invecchiata e che al contrario, sarebbe ringiovanita.
Dopo aver iniziato con l’uccisione di serve e ragazze della plebe, cominciò a ad uccidere ragazze vergini appartenenti ai ceti più alti, nell’ulteriore folle convinzione, che il loro sangue nobile avesse proprietà maggiori rispetto a quello delle semplici popolane o cantadinelle, sino ad arrivare a berlo, tanto da essere definita, oltre che una strega, anche una vampira.
E qui forse è d’obbligo aprire una breve parentisi per un cenno cenno a Vladislav III di Valacchia Hagyak, di origine Romena, membro dell’Ordine del Drago, fondato per proteggere il cristianesimo nell’Europa orientale. Vladislav III, era anche detto Vlad Tapes, “l’impalatore”, dovuto alla sua caratteristica di impalare i suoi nemici e definito per questo un uomo sanguinario, violento e crudele.
Vlad III, a causa della sua ferocia crudeltà sanguinaria, ispirò lo scrittore di origini irlandesi Bram Stoker, il quale diede vita al personaggio “vampiro Conte Dracula”, che, nonostante tutto, probabilmente nulla ebbe a che vedere, con i veri episodi di vampirismo commessi dalla Contessa Elizabeth.
Tornando al castello di Nádasdy, la gente, gli abitanti della villaggio sapevano, ma come ebbi a dire in un mio precedente intervento, un potente dell’epoca, quale era anche la Contessa Elizabeth, aveva potere di vita e di morte sui suoi sudditi, un po’ come le foglie secche di un albero al vento di autunno. Tutto gli era permesso, compreso ogni genere di angherie e torture, anche e solo per puro passatempo, o per uccidere la noiosa vita di corte.
Ma, nel corso degli anni le cose possono cambiare, come pure in questo caso è effettivamente accaduto. Anche per i debiti accumulati nel tempo, iniziò una sorta di decadimento e rovina del potere della Contessa Bathory ed in relazione ad alcune indagini effettuate presso il suo castello, emersero le prove che furono la conferma di alcune precedenti segnalazioni, tramite le quali era stato denunciato che le segrete del maniero erano intrise di sangue delle vergini e che ogni arnese utilizzato per le torture, era incrostato di sangue essiccato oramai di colore marronastro.
Agli occhi degli uomini incaricati del sopralluogo, si aprì una scena quanto mai orrida e raccapricciante, tanto che per questo, rimasero atterriti e sbigottiti per giorni e giorni. Essi, rinvennero, quelli che loro stessi definirono, un vero e proprio mattatoio per giovanissime vergini, alcune di esse trovate ancora vive, rinchiuse nelle gabbie tra irti aculei, in attesa della loro fine, o già morte di stenti a causa della mancanza di nutrimento.
La Contessa, fu per questo messa sotto processo, al quale non si presentò, poiché in quanto appartenente alla nobiltà, poteva esserne esonerata. Le cortigiane di quella che ho definito la compagnia delle torture e della morte, Ilona Jó, Dorottya Szentes e Kateline Beniezky, furono messe al rogo poiché considerate streghe, il malefico nano decapitato e la Contessa Elizabeth Bathory, fu invece murata viva in una strettissima cella di una delle torri del castello. Il cibo le veniva passato tramite una ridottissima fessura ricavata sul muro, sin quando, dopo circa quattro anni di detenzione, fu rinvenuta morta, sembra per non essersi più nutrita, comunque, alla ragguardevole età per l’epoca, di 54 anni.
Il caso della Contessa Bathory, è forse uno dei più sconvolgenti ed efferati della storia dei criminali seriali di sesso femminile, fermo restando, quelli commessi dal sesso opposto, anche da personaggi del calibro di Stalin o Hitler, i quali, per motivazioni più o meno simili, che possono essere collegate al genere Missionari, omicidi rituali e Muti Muders, che hanno nel loro intento quello di ripulire la società da certe categorie di persone, come ad esempio, appartenenti a gruppi politici e/o etnici, religiosi, hanno entrambi ucciso o comunque fatto uccidere milioni di persone.
Le motivazione di Elizabeth, nel suo delirio di onnipotenza, possono invece essere ricercate nel genere di serial killer edonistici e dominatori. Infatti, tra i primi troviamo quelli che uccidono per il solo scopo di trovare piacere, di dare la caccia, di torturare e violentare le loro vittime, mossi da sadismo, con non rari episodi di necrofilia e cannibalismo.
Mentre il secondo caso di motivazioni, comprende il genere considerato più comune degli assassini seriali, che hanno quale scopo principale, quello di esercitare potere sulle proprie vittime, trovando in questo il rafforzamento del proprio io interiore, autostima, forza fisica e mentale. Questo secondo genere di motivazione, si ritiene possa derivare dalla compensazione subita dal criminale durante la sua vita sin dall’infanzia, ma a tal proposito, non risultano vicende del genere a carico della nobil donna, se non quelle di aver assistito in più casi, ad efferate violenze perpetrate dai suoi parenti, come più sopra già accennato.
La Contessa, ritengo possa rientrare anche nella categoria dei così detti serial killer visionari/allucinati, i quali presentano, come anche nel caso in esame, disturbi mentali importanti, come la schizofrenia. Come detto, Elizabeth, soffriva di forti mal di testa e cambiamenti umorali repentini.
Insomma, un probabile miscuglio di motivazioni, che come abbiamo potuto vedere, ha fatto della Contessa, un serial killer efferato, determinato, empatico e quanto mai freddo.
Elizabeth Bathory, in che tipo di serial killer può essere collocata? organizzato o disorganizzato? In verità, forse per la prima volta, mi rimane difficile dare una esatta posizione a questa donna in tale dicotomia. Seppur vero abbia commesso i suoi delitti con apparente estrema lucidità, forse anche intelligenza, pianificazione, alto livello del controllo sull’andamento del delitto, tutte caratteristiche appartenenti al tipo organizzato. Altrettanto vero, che probabilmente, anche per cause dovute alla sua posizione sociale ed alla ferma convinzione della sua impunità, ma anche alle ovvie difficoltà di accesso per i più, alle segrete del castello ove venivano commessi i crimini. Infatti, quando furono eseguiti gli accertamenti, i luoghi furono definiti dagli uomini incaricati, un “mattatoio”, con gli oggetti di tortura sparsi in ogni dove ed intrisi del sangue incrostato ed essiccato delle povere vittime, dettagli questi, invece appartenenti al tipo di serial killer disorganizzato. Probabilmente, la Contessa era così sicura delle sue azioni, tanto da non preoccuparsi minimamente nella sua sfrontatezza, di non ritenere necessario di dover ripulire i luoghi dei suoi delitti e nascondere così tracce e prove delle sue perverse ed orride vicende.
Siamo alla conclusione e sin’ora non ho fatto cenno al numero delle presunte vittime addebitate alla Contessa.
Sono trascorsi più o meno circa 450 anni da quelle tristissime ed assurde vicende e le notizie reperite qua e là, come detto tra storia e tradizioni popolari tramandate di padre in figlio, non consentono con facilità di attribuire ad Elizabeth Bathory il numero esatto degli omicidi commessi, ma con buona certezza, gli storici ne considerano nel numero compreso tra i 100 ed i 300, mentre dagli appunti dei nomi accuratamente scritti nei diari dalla stessa Contessa, ne risulterebbero un numero ben più consistente ed allucinante, pari a 650 persone.
Civitavecchia lì, 27.05.2018
Dr. Remo FONTANA