ESSERE MADRI DEL PROPRIO MARITO (Rubrica a cura di Alessandro Spampinato)
In questo articolo continueremo ad analizzare i simboli più significativi della dipendenza affettiva che sono ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo e della cultura dominante. E’ questo il caso dell’infermiera. De Gregori canta in “Generale”, parlando dei reduci di guerra: “che la guerra è bella anche se fa male, che torneremo ancora a cantare e a farci fare l’amore, l’amore delle infermiere”. L’infermiera è una donna che si prende cura di un uomo malato, indigente o ferito. Lo accudisce e lo guarisce con la sua premura e la sua sensibile dedizione. Nell’immaginario collettivo simbolico questa immagine richiama il complesso di Edipo descritto da Sigmund Freud, ovvero la ricerca del bambino delle cure, delle attenzioni e dell’amore materno. Il bambino, a volte, si attacca alla madre in modo fisico e morboso e desidera sposarla. La mamma-infermiera, compiaciuta di tanta attenzione, spesso collude con questo attaccamento del figlio instaurando una relazione simbiotica e intima sul piano affettivo che la rende tutta dedita alle esigenze del figlio fino a viziarlo e a dipendere essa stessa da lui. Sono madri che si identificano così tanto in questo ruolo da dimenticarsi delle loro esigenze, dei loro bisogni e dei loro interessi e si votano alla vita del figlio. Naturalmente questo è un aspetto dell’Edipo che riguarda una dinamica d’amore ben più ampia. In quest’ottica, quindi, vediamo un uomo-bambino, un Peter Pan che chiede attenzioni, affetto e cure alla propria compagna-madre-infermiera la quale, nutrendo poca stima in se stessa e mossa dal bisogno di sentirsi importante per qualcuno, collude con tale richiesta fino ad annullarsi come persona per servire e accontentare in tutto il partner.
Nella mia esperienza di terapeuta ho spesso sentito racconti che hanno dell’assurdo, proprio come nei miti e nelle fiabe. Ad esempio una signora mi ha di recente raccontato come il marito, avendo preso l’influenza, ha preteso che lei non andasse a lavoro per badare a lui e ai suoi pasti. Una volta guarito si è presa l’influenza lei, molto probabilmente proprio da lui. Ma il marito è andato a lavoro e ha preteso che la figlia non andasse a scuola per badare alla madre. E’ la donna che deve prendersi cura dell’uomo e della casa e non viceversa e il lavoro dell’uomo è più importante di quello della moglie. Lo stesso accade se c’è un genitore anziano bisognoso di cure. Sono le mogli e le figlie che devono rinunciare agli studi e al loro lavoro per curare i parenti. La donna è moglie, madre e infermiera allo stesso tempo ed è attraverso questi ruoli di cura e di dedizione sottomessa che si garantisce l’importanza e il valore e si può meritare l’amore.
Se una donna non si presta a interpretare questo ruolo allora è mascolina o una poco di buono o una egoista che rimarrà zitella e senza figli. Questa è l’altra faccia dello stereotipo della donna infermiera. La punizione e l’esclusione sociale, il giudizio!
Il simbolo della moglie-infermiera sottomessa al marito e dedita a lui e alle sue esigenze ha anche una radice culturale religiosa. Il concetto è chiaramente espresso in Efesini 5,22-24 nel paragrafo intitolato “I doveri domestici”: “22) Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti come al Signore, 23) poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, ed egli stesso è Salvatore del corpo. 24) Parimenti come la chiesa è sottomessa a Cristo, così le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa.” Poco importa che lo scritto prosegue dicendo che il marito deve amare la moglie, quello che interessa è la giustificazione allo stereotipo che vuole la donna sottomessa alle esigenze dell’uomo. Il problema vero è che le donne sono educate così in famiglia sin da piccole e a mettersi in questo piano di inferiorità e di servitù sono proprio loro perchè abituate a percepirsi così. Cambiare mentalità non è facile, lo so, ma forse parlandone e riflettendo sulle cose, invece di agirle in automatico, una consapevolezza più vera e profonda può emergere e può motivare al cambiamento.
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