“Dopo il parere negativo della CTVia in contrasto con gli altri soggetti convocati in Conferenza dei Servizi, la decisione finale sul progetto preliminare per il completamento della SS 675 Monte Romano Est-Civitavecchia, è stata deferita al Consiglio dei Ministri.

Questo  prevede l’articolo 5, comma 2 della legge 400/1988 dove si dice che, “ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”, la decisione viene deferita al Consiglio dei Ministri.

Il DICA-Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo (Servizio per la concertazione amministrativa e il monitoraggio in materia di territorio, ambiente e immigrazione) è incaricato di avviare un’istruttoria al termine della quale sottoporrà quanto emerso all’esame del Consiglio dei Ministri che poi delibererà al riguardo.

Insomma, nonostante il verdetto impietoso del Ministero dell’Ambiente che boccia il tracciato verde – quanto mai pesante visto che il progetto coinvolge un sito di Rete Natura 2000, che comprende aree individuate appunto per il loro alto valore ambientale e naturalistico –, sarà la politica a decidere.

Questa occasione ha improvvisamente risvegliato tutta la politica del territorio e nazionale che da mesi auspica l’approvazione del progetto preliminare che, ricordiamolo, è localizzato nella valle del Mignone, a pochi metri dal fiume omonimo.

Viene da pensare che a nessuno importi del parere della CTVia, dove le premesse al parere negativo sono difficilmente contestabili. Dietro all’appoggio incondizionato a questo progetto probabilmente c’è solo un generico (quando non interessato) sostegno in nome di un non meglio specificato ‘sviluppo del territorio’. Poco importa dove passerà il tracciato, poco importa che si sia arrivati alla progettazione del tracciato nella valle del Mignone perché low cost (fatto anch’esso contestabile). I numerosi  e loquaci sostenitori di questo progetto, nonostante l’importante ruolo che rivestono e la responsabilità alla quale sono chiamati se fossero davvero preoccupati dello sviluppo del territorio attribuirebbero un ‘costo’ ben diverso alla distruzione “di aree che sono state utilizzate nella stessa forma per centinaia di anni e costituiscono quindi un vero e proprio patrimonio di valore anche storico e culturale, oltre che semplicemente paesistico” (come scrive la CTVia nella sua relazione).

Ma apprendiamo da un recente comunicato che mercoledì 24 maggio una delegazione dell’Area Orlando del PD (!) si recherà presso il Ministero delle Infrastrutture e verrà istruita sull’argomento nientepocodimenochè dall’ANAS in persona… Quell’ANAS il cui progetto ha dimostrato di fare acqua da troppe parti secondo i tecnici della Commissione Via, quell’ANAS che a dispetto dello sbandierato confronto con il territorio su cui intende localizzare l’opera non ha mai prestato il minimo ascolto ai cittadini, alle associazioni ed ai comitati con cui nella fase iniziale del progetto ha finto di confrontarsi, quell’ANAS che si è guardata bene dal rispondere in modo esauriente e motivato al Ministero dell’Ambiente che le chiedeva conto delle tante falle e delle tante zone grigie presenti nel suo progetto.

Questi zelanti rappresentanti del PD probabilmente ignorano che ANAS non è al di sopra delle parti nel processo di valutazione di impatto ambientale ma che invece rappresenta un parte in causa ben precisa con ben precisi interessi anche economici e che non può essere certo considerata terza ed imparziale al punto di istruire sul progetto proprio quei politici che invece dovrebbero rappresentare una garanzia per i cittadini ed i territori… Insomma è la vecchia storia dell’oste che promuove la bontà del suo vino…

A questi coraggiosi esponenti della politica chiediamo invece di confrontarsi allo stesso modo con i cittadini, le associazioni ed i comitati che – quelli si – hanno realmente studiato le numerosissime pagine ed elaborati del progetto ANAS e su quelle hanno presentato documentate e dettagliate osservazioni, nei termini consentiti dalla procedura di legge, in cui si evidenziava tutta la approssimazione di un progetto che non tiene in alcun conto la distruzione di un territorio di rara bellezza e fragilità e la sua conservazione ambientale e paesaggistica.

Se la delibera del Consiglio dei Ministri sarà l’ultimo atto di questa vicenda, noi vogliamo che tenga conto anche del parere di chi si è occupato, non da oggi ma da anni, di capire le implicazioni prima di tutto ambientali di quest’opera devastante, da cui il territorio va difeso se davvero si vuole sostenerne lo sviluppo, un termine che, se non si è anacronistici e irresponsabili, va associato alla parola “sostenibile”.

La valle del Mignone è un’area tanto preziosa da aver portato all’istituzione della ZPS e di un SIC che è il fiume stesso, siti che quindi fanno parte di Rete Natura 2000, “una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE Habitat per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario”.

La Direttiva prevede che, qualora si voglia intervenire sui siti, si debba procedere a un’ulteriore valutazione, la Valutazione d’Incidenza Ambientale, uno strumento di tutela per scongiurare la compromissione del sito, e che prevede l’autorizzazione o finanche il rifiuto del progetto. Tutti hanno contestato le “valutazioni” di Anas a proposito degli impatti che l’opera avrà sul sito; persino la Direzione Regionale  Ambiente e Sistemi naturali della Regione Lazio, responsabile dell’istituzione e della preservazione dei siti di Rete Natura 2000, ha letteralmente ‘smontato’ lo studio condotto da ANAS – contestandone l’accuratezza, le modalità e infine le conclusioni – esprimendo poi parere non ostativo, motivo per cui oggi siamo ancora qui a discutere di un progetto devastante, che avrà impatti permanenti ed irreversibili.

Perché nessuno (esclusa la CTVia) abbia sentito e senta oggi la responsabilità di decidere saggiamente (applicando almeno il principio di precauzione) sul futuro reale del territorio è un fatto inspiegabile.

Noi vogliamo che, oltre alle più disparate pressioni politiche, il Consiglio dei Ministri ascolti anche la voce di chi questa responsabilità la sente forte, quella della difesa e della cura, al di là di ogni interesse specifico o utilitaristico.

Per queste ragioni, in data odierna, abbiamo inviato al Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza del Consiglio una relazione sul progetto di ANAS che sintetizza quanto esaminato e contestato dal 2015 ad oggi, una sintesi esaustiva prodotta e sottoscritta, oltre che dal nostro Comitato, da molte associazioni ambientaliste che vogliamo citare una per una: Italia Nostra; Forum Ambientalista; WWF; LIPU; ENPA e Mountain Wilderness.

Contestualmente abbiamo anche sottoposto una richiesta d’audizione allo stesso Dipartimento per far sentire forte la voce di chi questo territorio lo ha sempre difeso e continuerà a farlo in ogni occasione possibile”.

Lo ha comunicato il Comitato per il diritto alla mobilità di Tarquinia.

 

 

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