Dopo l’importante passaggio della bocciatura da parte della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente del tracciato “verde”  proposto da ANAS per il completamento della SS 675, localizzato nella valle del Mignone, interessata da una ZPS e un SIC, per gravi ed evidenti incompatibilità ambientali la procedura amministrativa ha reso necessario demandare la risoluzione di questo dissenso al DICA (Dipartimento della Presidenza del Consiglio per il coordinamento amministrativo) presso cui i rappresentanti del Comitato per il diritto alla mobilità sono stati recentemente ricevuti dopo aver chiesto una formale audizione. Quest’ultimo, nel predisporre l’istruttoria da sottoporre alla definitiva decisione politica ha rivolto una ulteriore richiesta al Ministero dell’Ambiente interpellandolo su “eventuali prescrizioni e misure di mitigazione” da applicare al progetto selezionato da Anas, così che la Presidenza del Consiglio potesse eventualmente concedere la compatibilità ambientale.

E il Ministero ha risposto; ha ribadito (se possibile con maggiore forza) quanto già chiaramente espresso nel parere VIA, come “non sia possibile elaborare eventuali prescrizioni e misure di mitigazione, come richiesto dalla Presidenza del Consiglio, per la variante progettuale costituita dal tracciato cosiddetto ‘verde’ […] in quanto gli impatti ambientali che si configurano dall’analisi della documentazione fornita dal proponente sono tali da non poter essere mitigati”.

In sostanza un ulteriore autorevole e definitivo giudizio tecnico negativo sulla incomprensibile insistenza nel voler a tutti i costi sdoganare un’opera che più si va avanti nella sua analisi e più mostra aspetti approssimativi nella progettazione e distruttivi nei confronti di uno degli ultimi territori del centro Italia protetti da normative nazionale ed europee per la sua fragilità, ricchezza e biodiversità.

Ci auguriamo che questa sia la definitiva pietra tombale su questo progetto, ma certamente costituirà un fondamento della opposizione legale che i comitati, le associazioni ambientaliste ed i cittadini metteranno in atto a tutti i livelli se dovesse passare questo sciagurato progetto.

Infatti i danni che questo tracciato produrrebbe sono ormai dichiaratamente immitigabili e procedere alla sua approvazione, oltre a denotare una cieca mancanza di ragionevolezza e responsabilità, si configura anche come una violazione di ben due Direttive europee (92/43/CEE “Habitat” e 2009/147/CE “Uccelli”).

La CTVIA nella fase di valutazione aveva dato ad Anas la possibilità di correggersi e fare quello che le direttive prevedono in caso di intervento in un sito della Rete Natura 2000, e di procedere quindi con una Valutazione di Incidenza Ambientale completa, così da avere la certezza che gli impatti non fossero significativi. L’Anas ha rifiutato di farlo, e la ragione di tale ostracismo è dovuta solo al fatto che gli impatti ci saranno (come era prevedibile) e la proponente non è stata in grado di dimostrare il contrario.

Per dirla in parole povere: l’Anas “c’ha provato”. Le è andata male perché il Ministero dell’Ambiente, visto il rifiuto di fornire la documentazione e gli approfondimenti necessari, ha espresso parere negativo

Ora cosa succederà?

Noi ci auguriamo che la politica non voglia forzare la mano oltre ogni ragionevole buon senso e a questo punto contro ogni evidenza tecnico scientifica anche questa volta evidenziata non da pareri di parte (per quanto legittimi) ma dal massimo organismo tecnico nazionale chiamato da precise normative alla valutazione della compatibilità ambientale delle grandi opere.

Il nuovo parere della CTVIA infatti non ribadisce semplicemente il no ma, come importantissimo elemento di novità, afferma che “gli impatti non possono essere né mitigati né compensati, nemmeno tramite le più severe, stringenti e costose prescrizioni ambientali”.

Ma ulteriori importanti novità ci sono anche per tutti coloro che contrabbandavano i minori costi del tracciato verde come elemento prevalente di tale scelta.

La questione costi, ha infatti rappresentato, in passato, la leva per proporre nella valle del Mignone un tracciato, appunto, meno costoso (cosiddetto “low cost”). Per la Commissione, invece, ad oggi non è possibile valutare in modo adeguato “né il costo definitivo né i tempi di realizzazione del tracciato “verde” […] in particolare anche per gli oneri imposti dal non rispetto delle direttive europee a tutela delle aree “Natura 2000”.

Un’altra grossa novità in questo senso è stata rappresentata dal MIBACT, che ha espresso sì parere positivo con prescrizioni, ma “esclusivamente riferito ad assentire le indagini di archeologia preventiva”, e che “solo agli esiti delle predette verifiche preventive […] potrà esprimersi compiutamente in relazione alle effettiva compatibilità delle opere di progetto con i resti archeologici eventualmente rinvenuti e richiedere, qualora necessario, eventuali varianti di tracciato”. In parole più chiare ciò si traduce in probabili aumenti di costi.

Dopo quanto ribadito come si può ancora procedere?Ormai, pur essendo evidente il vizio d’origine rappresentato dalla scelta di puntare sul tracciato sbagliato (e come ormai dimostrato in fondo neanche tanto “low cost”), andare avanti potrebbe rappresentare l’unica possibilità per evitare di perdere la faccia a livello politico-istituzionale, indicando ancora una volta il completamento, dichiarato (sempre dalla politica) necessario, improcrastinabile e cavalcato come un ottimo spot per raccogliere consenso.

Cosa c’è in gioco?

La tutela ambientale, la biodiversità, della cui conservazione la valle del Mignone è un “piccolo pezzo” in un quadro globale dove tutti i tasselli concorrono alla conservazione della Terra. Non poco.

Concludiamo con le parole dei rappresentanti dell’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), della cui competenza tecnico-scientifica si avvale il Ministero dell’Ambiente: “il tracciato proposto attraversa territori di altissimo valore per le qualità estetico-percettive […]. La presenza di un’articolata serie di specifici regimi di tutela paesistica e naturalistica rende questa porzione della maremma laziale un’area che è vocata alla valorizzazione naturalistica e paesaggistica, di grande importanza per l’ulteriore sviluppo di economie locali legate a tali specificità”.

Un chiaro suggerimento anche per la politica locale, elettoralmente rinnovata ma già stanca ed assente su questi temi, ed ormai completamente scomparsa dopo le ultime strumentali dichiarazioni di interesse alla vicenda dettate, come sempre accade, dalle recenti scadenze elettorali e dalla irresistibile forza attrattiva delle poltrone.

C’è solo un’unica certezza, dall’inizio di questa vicenda: non ci arrenderemo. Mai.

Il Comitato per il Diritto alla Mobilità di Tarquinia

 

image_pdfScarica articolo (pdf)image_printStampa articolo

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com