SSC. Il Sasso della Strega
(Rubrica a cura di Glauco Stracci – SSC)
Il Sasso della Strega, nel comune di Tolfa, origina il suo nome da quella tipica superstizione del XVII secolo italiano, secondo cui le streghe, durante il sabba notturno, erano solite riunirsi intorno a un grande albero o una roccia.
A favorire tale folclore popolare, nel caso nostrano, è stato senz’altro il paesaggio desolato e di aspetto lunare, conseguenza del vulcanismo tolfetano, il più antico del Lazio, avvenuto durante il Pliocene superiore e caratterizzato da ignimbriti e rioliti
quarzotrachitiche. Il fantomatico sasso con la sua piana circostante, altro non sono quindi che un dicco con la restante pavimentazione lavica, mentre geologicamente è l’appendice meridionale di un’area assai più vasta collegata al Monte Sassicari e delimitata dai due rami del fosso della Cava. Attinenti per tradizione popolare sono anche da aggiungere i cosiddetti “sassi scritti” delle streghe, percepiti dagli abitanti come dei misteriosi graffiti con lettere e numeri; studiati
da G. Cola e L. Gasperini, dovrebbero invece rifarsi ai cippi gromatici di epoca tardo romana, se non addirittura longobarda, e l’ipotesi più verosimile li interpreta come termini di confine delimitanti la tenuta dell’abbazia altomedioevale di Piantangeli.
Conosciuto come Poggio della Strega nel XVIII secolo, il luogo fu utilizzato come cava perché la roccia lavica, essendo refrattaria, veniva impiegata nella costruzione dei forni per la cottura dell’alunite.
Tale pietra, che per il luogo angusto era indicata col nome di “ninfero”, in seguito alla nascita del nuovo comune di Allumiere, avvenuta nel 1826, venne impiegata per costruire le mura di confine con Tolfa. I resti di tali mura ancora sono visibili al Sasso della Strega e una simpatica storiella vuole che di notte i giovani di entrambi i paesi, spostassero il muro di confine, reciprocamente, per guadagnare qualche metro di terra, incolpando dell’accaduto il sasso stregato.