Grande attenzione anche a Parma sulla figura di Padre Gianfranco Maria Chiti, Ufficiale dell’Esercito Italiano che alla fine della sua brillante carriera abbracciò la vita monastica e da qualche anno è in corso la causa di beatificazione.

Durante il convegno, svoltosi venerdì scorso nella città emiliana, è stata tratteggiata la figura di Chiti, l’Uomo, il Militare e il Frate francescano. In molti hanno avuto la “pelle d’oca” nell’ascoltare i racconti dei relatori: il giornalista Silvano Olmi; il Tenente Colonnello Alessandro Stopponi della Scuola Sottufficiali dell’Esercito di Viterbo; il presidente dell’associazione Allievi di Padre Chiti Angelo Polizzotto; il professor Daniele Trabucco.

In apertura del convegno, organizzato e moderato da Matteo Impagnatiello, don Roberto Grassi, direttore della Pastorale diocesana giovanile, ha letto un toccante messaggio del Vescovo.

“L’anno in corso vede Parma Capitale Italiana della Cultura – ha esordito Matteo Impagnatiello – la cornice ideale all’interno della quale ho voluto organizzare questo incontro su Padre Chiti, del quale ricorre il centenario della nascita. Padre Chiti è stato un generale dell’Esercito italiano, nello specifico dei Granatieri e, una volta in congedo, nel 1978 scelse la vita monastica dei Cappuccini. Nel maggio 2015 è stata aperta la causa di beatificazione. Confidiamo che sarà presto Beato e poi Santo. In questo momento storico, in cui vengono proposti alla società modelli di vita poco edificanti – ha concluso Impagnatiello – ricordare il percorso umano e spirituale di Padre Chiti è una valida alternativa alle futili distrazioni dei tempi odierni, il suo esempio ci ispira e indirizza verso un mondo più giusto e sano”.

Il giornalista Silvano Olmi ha raccontato un Chiti poco conosciuto, quello che da Comandante veniva incontro alle esigenze del personale, sempre attento ai famigliari dei suoi dipendenti. “Andava a trovare gli ammalati – ha detto Olmi – e portava sempre un oggetto in regalo come un libro o una medaglietta della Vergine Maria alla quale era devoto. Speriamo che la Chiesa Cattolica lo riconosca presto Beato, per noi è già un Santo.”

“Dalle sue lettere scritte durante la prigionia – ha detto il professor Trabucco – emerge una morale che è la combinazione di diversi fattori. Il coraggio, ereditato dal suo essere militare, temprato dalle campagne di guerra e dalla prigionia nel campo di concentramento. L’esperienza del dolore che lo ha condotto a essere intimo di Dio e nella Passione di Cristo ha trovato il senso ultimo delle sue sofferenze. In Chiti – ha concluso il professore – traspare sempre il diritto connesso alla giustizia. Un diritto che non difendeva con la resilienza, bensì con l’azione.”

“È stato un esempio per i giovani allievi della Scuola Militare di Viterbo – ha detto Angelo Polizzotto, presidente dell’associazione – ragazzi tra i 16 e i 18 anni che sono diventati uomini grazie a lui. Ho sentito la sua presenza anche quando io e mia moglie ci siamo ammalati di Covid e siamo guariti dopo tanti giorni di ricovero in ospedale.”

“L’esempio di Chiti deve essere fatto conoscere a tutti – ha detto il Tenente Colonnello Stopponi – è stata una figura straordinaria, un esempio in guerra e in pace. Venne ammesso in convento e diventò frate in tempi molto brevi, perché era già preparato spiritualmente. Non faceva distinzioni tra i suoi dipendenti. Era sempre attento alle esigenze del personale e dei famigliari. È stato un militare straordinario e un frate altrettanto straordinario.”

Gli organizzatori del convegno di Parma

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