Trasfuse paziente contro la sua volontà: medico condannato per violenza privata. Il Tribunale di Tivoli: ‘Inapplicabile lo stato di necessità’
Pubblicate le motivazioni della condanna del 1° ottobre scorso. Nel 2013 il medico aveva trasfuso più volte una paziente in stato di incoscienza contro la sua volontà.
La donna era morta poco dopo.
Il 9 dicembre scorso il Tribunale di Tivoli ha depositato le motivazioni che hanno portato alla condanna penale di un medico per violenza privata (art. 610 c.p.). La sentenza era stata emessa il 1° ottobre 2020.
Nel 2013 il medico aveva ripetutamente e consapevolmente trasfuso una paziente testimone di Geova in stato di incoscienza contro la sua volontà. La donna era morta subito dopo l’ultima trasfusione. La volontà della paziente, che accettava qualsiasi terapia medica all’infuori delle emotrasfusioni, era stata messa per iscritto e firmata dalla diretta interessata, inserita nella cartella clinica e confermata dall’amministratore di sostegno nominato dal Tribunale. Nelle motivazioni, il Tribunale richiama un principio affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte che sancisce “la sicura illiceità, anche penale, della condotta del medico che abbia operato in corpore vili contro la volontà del paziente, direttamente o indirettamente manifestata e ciò a prescindere dall’esito, fausto o infausto del trattamento sanitario praticato, trattandosi di condotta che quanto meno realizza una illegittima coazione dell’altrui volere”.
Il Tribunale ricorda che “il presupposto indefettibile che ‘giustifica’ il trattamento sanitario va rinvenuto nella scelta libera e consapevole […] della persona che a quel trattamento si sottopone”. Nel caso specifico i giudici hanno concluso che il medico aveva l’obbligo di rispettare il dissenso della paziente, da considerarsi “non solo come espresso e inequivoco, ma anche attuale e informato”.
I giudici spiegano inoltre che il medico non può mai agire contro la volontà del paziente adulto, se questa gli è nota. Pertanto concludono che di fronte a una consapevole violazione della volontà del paziente non si possono applicare le scriminanti dello stato di necessità (art. 54 c.p.) e dell’adempimento di un dovere (art. 51 c.p.) che esimano il medico dalla responsabilità penale per violenza privata.
“Le argomentazioni del Tribunale di Tivoli, in piena armonia con i principi della più recente legge sul Biotestamento (L. 219/2017), confermano la centralità del diritto all’autodeterminazione terapeutica contro la vecchia concezione paternalistica dell’intervento medico. La sentenza impone dunque un’attenta riflessione sulla rilevanza penale dell’arbitrarietà del trattamento medico e sulla necessità di continuare a rafforzare il rapporto di collaborazione tra medico e paziente basato su una costruttiva ‘alleanza terapeutica’”. Così, in una nota, l’Ufficio Stampa dei Testimoni di Geova.