Slogan di un passato mai rimpianto mentre la città muore.
L’arrivo di Matteo Salvini a Civitavecchia ha rievocato tempi lontani anni luce, quelli delle contrapposizioni politiche “forti” ma nello stesso tempo puerili che, lo dice la storia, non ha certo fatto compiere passi in avanti alla nazione italica. Così è successo anche lunedì, di fronte alle telecamere di emittenti nazionali: cori, offese, braccia tese e pugno, bandiere rosse e bandiere nere. In mezzo buona parte della classe politica che ha affossato la città negli ultimi 30 anni. Insomma una bella cartolina per promuovere una città stretta dalla disoccupazione, inquinamento e via dicendo. Salvini, però un obiettivo lo ha raggiunto. Riunire, per poche ore, il centrosinistra diviso da odi personali, vendette e rancori. Tutti uniti sotto la bandiera dell’anti razzismo. Poco, fin troppo, però per sperare di tornare vicino ai bisogni dei cittadini e magari raccattare qualche voto in vista delle prossime elezioni. Soprattutto se, qualche anno fa, magari qualcuno, con quei “fascisti” sull’altro lato della strada, fischiati insultati lunedì sera, ha stretto accordi non troppo segreti per far cadere delle amministrazioni di centrosinistra.