In tempi difficili quali stiamo vivendo è buona abitudine dedicare del tempo a riflettere, ragionare e capire per non subire gli eventi e cercare di fronteggiarli al nostro meglio e non lasciarsi vivere ma rimanere protagonisti della nostra storia. Fino al mese di febbraio eravamo immersi nelle relazioni sociali, lavorative, familiari, le davamo addirittura per scontate, ovvie e normali. Spesso desideravamo e cercavamo un po’ di privacy e stacco dalla vita sociale. Poi a Marzo improvvisamente tutto cambia, arrivano notizie drammatiche dalla Lombardia e, a seguire, giorno dopo giorno una serie di allarmi per la salute di tutti i cittadini, finché, nell’arco di una settimana, ci siamo trovati tutta la nazione in quarantena. Le nostre abitudini, il nostro stile di vita, le nostre certezze e il mondo intero sono cambiati in modo traumatico nel giro di una settimana. Tra sorpresa, stupore, paura, inquietudine e allarme generalizzato abbiamo fermato tutto e ci siamo chiusi in casa. Dai primi di marzo stiamo vivendo una esperienza straordinaria che nessuno poteva immaginare se non nei film. L’azione sociale si è fermata e ogni giorno sperimentiamo l’isolamento e la distanza. Un disastro umano e economico per tutti i cittadini del pianeta. A questo punto possiamo fare due cose: lasciarci trasportare dalla disperazione e dallo sconforto oppure provare a reagire. Restando consapevoli delle innumerevoli perdite di questi giorni a cui va tutto il nostro cordoglio e vanno tutte le nostre preghiere, vediamo di non peggiorare la situazione e proviamo a riflettere sul quello che ci sta accadendo. Proprio perché l’azione sociale è sospesa è un momento ideale per comprendere più profondamente il significato e il valore delle relazioni umane. Come dice Ernst Jùnger: “Senza l’esperienza vissuta degli opposti, non ci può essere l’esperienza della totalità” o, con le parole di Jodi Picoult: “Non si può avere coscienza della forza senza debolezza, della luce senza buio, dell’amore senza perdita”. Con coraggio proviamo a mettere in risalto alcuni aspetti della nostra vita che stanno prendendo particolarmente significato dall’inizio di questa pandemia. Oggi siamo in una fase dello sviluppo tecnologico che i sociologi chiamano “IBRIDAZIONE”. Da una parte abbiamo ancora una struttura sociale che ci permette di sperimentare la realtà fisica della vita, dei rapporti umani e con la natura e, contemporaneamente, abbiamo esperienza della realtà cosiddetta “AUMENTATA” di internet e dei social media. Infatti, possiamo andare al cinema con gli amici o formare un gruppo di studio insieme ai compagni di università e contemporaneamente chattare con un amico in viaggio a New York e frequentare un corso di Inglese su una piattaforma di Cambridge cui accedono persone di tutto il mondo, ecc. Nella fase di ibridazione delle relazioni umane possiamo prendere il meglio di entrambe e essere felici e soddisfatti, ma è proprio qui che risiede il pericolo cui siamo esposti se non rimaniamo lucidi, coscienti, coraggiosi e consapevoli. Il piacere dell’essere connessi quanto basta con la realtà fisica e compensare il resto con la realtà virtuale è il primo passo per la riprogrammazione del tessuto sociale verso la nuova idea di uomo del futuro: il cyborg. Il cyborg è un essere al confine tra uomo e macchina grazie alla capacità dei suoi innesti di comunicare attivamente con l’organismo, che risulta dunque costituito da elementi artificiali, come protesi meccaniche ed elettroniche, solitamente innestati sul corpo umano. L’ideologia viene chiamata Transumanesimo di cui, magari, parleremo in qualche prossimo articolo. Poiché le novità affascinano e confondono dobbiamo fare una seria riflessione per rimanere centrati sulla consapevolezza e non farci ammaliare dalla modernità che ci viene presentata come smart, sicura, piacevole e bella. In questo scenario che rimarrà impresso in tutti noi e determinerà sicuramente una riprogrammazione sociale le relazioni umane hanno ancora qualcosa da dare? Qual è il loro valore aggiunto che le rende uniche e insostituibili? Cosa vuol dire essere e fare comunità? In questo articolo vi voglio dare solo uno spunto di riflessione per attivare in voi il processo di consapevolezza sul presente e sul futuro che ci aspetta. Provate a immaginare un futuro in cui non esiste più la scuola perché le lezioni e gli esami vengono svolti da casa online, in cui non ci sono più il teatro, il cinema, lo sport, i concerti, le feste e le ricorrenze religiose perché tutto sarà trasmesso sul web a casa e un mondo in cui quando usciremo avremo sempre guanti, mascherina e staremo a un metro di distanza gli uni dagli altri e pagheremo i nostri acquisti strisciando il microchip installato sul polso o sul dorso della nostra mano. In uno scenario del genere valutiamo bene cosa si perderebbe e capiremo il valore imprescindibile e sacro della dimensione umana per il senso della nostra vita qui sulla terra.