Lettera aperta al Presidente ZINGARETTI

Gentile Presidente, le sarà sicuramente nota la grave situazione che da sei anni coinvolge 5000 famiglie civitavecchiesi che non possono esercitare il diritto di proprietà sulla propria casa con le immaginabili conseguenze. E tutto questo accade nonostante le loro abitazioni siano state costruite secondo un Piano Regolatore approvato da decenni e rogitate secondo le norme vigenti.

E pensare che questa vicenda avrebbe potuto e dovuto concludersi correttamente all’indomani del reperimento degli atti di vendita di questi fondi. Non si può non sottolineare che agli ignari cittadini nessuno mai aveva notificato alcunché né prima, né durante la causa e naturalmente neanche dopo la sentenza.

A riprova della legittimità dei piccoli proprietari sono stati cercati e trovati dai cittadini atti inoppugnabili, risalenti al 1827, che sono stati valutati come rispondenti alla verità dei fatti dal Tribunale competente.

E cosa  accade invece di fronte alla più evidente delle prove?

Che l’Università Agraria di Civitavecchia, un’associazione privata a tutti gli effetti – come pubblicamente dichiarato dal suo Presidente – e fuori controllo amministrativo e funzionale, persegue con un accanimento procedurale degno di miglior causa la tutela (sostiene l’Ente) dell’Uso Civico ma in una misura che va oltre quella dovuta e persino contro le regole della razionalità. Approfitta infatti di tutti i meandri offerti dal nostro ordinamento giuridico per impugnare qualsiasi provvedimento o sentenza e, come noto a tutti, sfruttando le lungaggini dei procedimenti giudiziari, procrastinando sine die i tempi delle decisioni.

Solo di recente la Regione ha dichiarato di aver cambiato passo e di voler venir incontro ai cittadini, assicurando una nuova ricognizione catastale ed un iter diverso da quello seguito sino a oggi.

Sembra un dato di discontinuità ma, particolare non secondario, emerge in tutta evidenza la sottovalutazione dei tempi “giudiziari” connessi all’attività del Commissariato agli Usi Civici che va a sommarsi alla prevedibile opposizione che giungerà dalla locale Università Agraria, un soggetto al quale la Regione Lazio ha consentito margini indefiniti di azione senza regole.

In questa situazione chiaramente opaca, ci si nasconde dietro l’attività del Commissariato probabilmente perché non ci si vuole rendere conto dei tanti errori commessi dalla Direzione  regionale competente a partire dal 2013. Se solo si volesse, la Regione ha la competenza e la responsabilità di riportare da subito questa vicenda nell’alveo del rispetto degli atti semplicemente seguendo i principi espressi nella proposta di mozione inviata a tutti i Consiglieri regionali.

Mantenere nella morsa degli Usi Civici tante famiglie  non è corretto né giusto, in special modo le 1500  che sono beneficiarie della sentenza Antonelli e che le stanno provando tutte: diffide, centinaia di mail PEC e, ora, anche la suddetta mozione.

Tornando alla soluzione indicata dalla Regione è che i tempi, o meglio l’accelerazione dei tempi, non può garantirli nessuno.

Eppure il tempo è un parametro vitale per le persone. Lo è per il Presidente della Regione Lazio, lo è certamente per il Direttore della Direzione degli usi Civici o per il dirigente dell’area, tutti possono beneficiare di una sicurezza importante nella quotidianità della vita.

Non lo era e non lo è più, in tempi di pandemia anche sociale ed economica,  per molti italiani, per molti concittadini; il tempo può aumentare i disagi legati alla sopravvivenza quotidiana, arrecare disagi e depressione, come unanimemente riconosciuto.

Nonostante  un passato da cancellare,  vogliamo dar credito alle ultime dichiarazioni ufficiali della Regione. Ma se veramente sono sincere perché allora non applicare da subito la sentenza Antonelli (passata in giudicato) e liberare 1500 delle 5000 famiglie soffocate da questa ingiustizia? Un’applicazione che oltretutto è un dovere istituzionale perché si tratta di una sentenza passata in giudicato.

Il Suo stesso capo di Gabinetto, Dott. Ruberti, a proposito di detta sentenza, ha dichiarato ufficialmente, lo scorso 5 marzo: “è stato già dato mandato agli uffici di mettere in campo tutti gli atti necessari all’attuazione della sentenza che è passata in giudicato e perciò  va applicata” ed ancora “Il compito dell’istituzione è quello di cercare soluzione nell’interesse dei cittadini, soluzioni che siano legittime ma che non demandino ad altre istituzioni dello stato”.

Gli Uffici sono andati in un’altra direzione e sono gli stessi che hanno violato l’attuazione del Regolamento Regionale del 9/2018 che regola l’Albo dei periti, degli istruttori e dei delegati tecnici per il conferimento degli incarichi connessi alle operazioni in materia di usi civici ma, soprattutto, è stato conferita un’attività di ricognizione all’Università Agraria contravvenendo a quanto statuito dalla sentenza 19/’90.

Signor Presidente a partire dal prossimo 10 maggio, per 72 ore, sarò impegnato in un sit-in di sensibilizzazione perché questa vicenda venga ricondotta nell’alveo della legalità e non si continui a danneggiare una parte della nostra comunità cittadina.

E’ mia intenzione lasciare un messaggio di speranza  ai giovani: un’Italia migliore è possibile se non si gira la testa dall’altra parte.  Voglio augurarmi che questo obiettivo sia anche il Suo.

Costruiamo un Paese migliore ed una Regione Lazio priva di soprusi, signor Presidente, io ci sono e Lei?

Vittorio PETRELLI

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